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I trattamenti alla testa (śiro), al viso (mukha), al naso ed altri

La testa, come tutti sanno, è una parte molto importante nel corpo. Già nel 2010 scrivevo:

La coscienza, secondo un’interpretazione indiana, sarebbe una qualità della manifestazione. Il cervello dell’uomo, invece, sarebbe lo strumento capace di adattare questa qualità alla condizione umana, rispondendo unicamente alle necessità della sua natura. Tale strumento, attraverso le sue sette funzioni dislocate in altrettante aree, permetterebbe all’uomo di sperimentare e beneficiare di sette specie di coscienza. Potremmo paragonare tale fenomeno a quello della luce solare che, come tutti sanno, scomposta attraverso un prisma, produce uno spettro nel quale si distinguono sette gruppi di colore con una lunghezza d’onda sempre più piccola che va dal rosso al violetto: rosso, arancio, giallo, verde, azzurro, indaco e violetto. La luce solare rappresenta la coscienza universale, il prisma il cervello ed i sette fasci colorati le tipiche qualità di coscienza fruibili dall’uomo.
Le sette qualità, come già detto, risulterebbero dislocate in altrettante aree e ognuna presenterebbe un apice nel punto detto
bindu la cui conoscenza permetterebbe, ad un operatore, di stimolare la funzione relativa all’area.(A. Bianchi, La scienza della vita. Lo Yoga e l’Āyurveda, 2010)

Già nell’antichità si comprende, anche dal punto di vista terapeutico, l’importanza di sostentare certi requisiti attinenti l’attività cerebrale e di portare salute verso le funzioni del cervello per permettere all’uomo di vivere una vita sana, consapevole e “piena”.
Il famoso medico ayurvedico Vāgbhaṭa, vissuto nel VII secolo d.C., che ho già più volte citato in questo testo, descrive quattro interessanti tipi di trattamento riservati alla testa (mūrdhātaila) e che qui di seguito, insieme ad altri, presenterò: śiraseka, śirobasti, śiropicu śiroabhyaga.

È un trattamento ormai diffuso nel mondo intero. Attraverso un apposito strumento si fa colare olio o altri liquidi sulla testa. È molto indicato per combattere lo stress, l’insonnia, il mal di testa, l’ansia, la depressione, la perdita di concentrazione, i problemi psicosomatici, la perdita dei capelli ma anche per rallentare il loro prematuro ingrigimento, ridurre la forfora, ecc.

Occorrente:
sarebbe meglio disporre di un apposito tavolo predisposto con i buchi per raccogliere il liquido, tuttavia, come insegno ai miei studenti, lo si può attuare anche su qualsiasi lettino da massaggio o su un normale tavolo, a condizione che si disponga di un supporto per l’erogatore di olio (dharā), di un paio di contenitori per raccoglierlo, una fonte di calore ed un recipiente idoneo per riscaldarlo, del cotone, telo da bagno, salvietta, olio di sesamo, latte o altra sostanza liquida adatta alla condizione di chi lo riceve. Nel caso in cui non si disponga del tavolo speciale, anche un telo di plastica leggero per convogliare l’olio verso il raccoglitore.

Procedura:
indubbiamente sarebbe meglio iniziare con un massaggio completo del corpo o almeno della testa, tuttavia lo śirodharā si può eseguire anche come unica procedura. Per evitare che qualche goccia possa infastidire, si collocano dei dischetti di cotone sugli occhi (alcuni utilizzano petali di rosa), ciò favorisce, tra l’altro, l’interiorizzazione del cliente. A una distanza approssimativa di circa dieci centimetri si pone il contenitore d’olio sulla fronte e lo si riempie del liquido previsto per la pratica. Il recipiente può essere mantenuto fermo, per una prestazione diretta ai problemi psicosomatici, o in movimento con la caratteristica oscillazione a pendolo, in senso orizzontale, da sinistra a destra e viceversa, per scopi estetici dei capelli o per potenziare la sensazione di benessere. Le due modalità possono anche essere applicate entrambe per perseguire tutti e due gli obbiettivi.

Al termine, con una spugna si applica dell’acqua calda e si pulisce la testa con una o più salviette. La durata del trattamento, a seconda dell’esperienza del terapista e delle condizioni di salute del paziente, va da 30 a 50 minuti, avendo cura di controllare con la mano la temperatura del liquido e di mantenerla costante per tutta la durata del trattamento. Si raccomanda di mantenere il polso ed il ritmo respiratorio sotto controllo.

Indicazioni e rimedi:

per problemi ai capelli si consiglia l’uso degli oli: brāhmi-taila, bhṛṅgrāja-taila, “Dhaturadi”, guñjā-taila, āmalakī-taila, mentre per la forfora è più indicato il burro medicato. Per disturbi psicosomatici: brāhmi-taila, aśvagandā-taila, kīrabalā-taila, balā-taila. Per disturbi vāta, in generale, è ottimo l’olio di sesamo; per disturbi pitta, invece, è meglio il ghī oppure il latte con essenza di petali di rosa, il latte con essenza di legno di sandalo o altre gocce aromatiche. Per usi generici e quotidiani vanno bene il latte, l’acqua e i decotti.

Controindicazioni:
Febbre, muco nel cavo sinoviale, raffreddore, tosse,gravi problemi psicosomatici o, in ogni caso, in presenza di disturbi mentali si consiglia di non eseguire il massaggio alla testa mentre per la caduta di capelli si deve attuare con cautela.

a) per epilessia, psicosi , insonnia, mal di testa: mettere 50 grammi di balāmūla in polvere o sbriciolata e 50 grammi di śatavarī, in un litro e mezzo di latte poi aggiungere sei litri d’acqua. Far bollire ed evaporare fino ad ottenere una decozione concentrata di circa un litro e mezzo. Filtrare ed utilizzarla per la colata.
b) per preparare un decotto (kvātha) utile in generale per lo śirodharā: procurarsi 250 grammi di daśamūla in polvere o sbriciolata, aggiungere 1.600 ml di acqua e far bollire sino a ridurre della metà. Filtrare, aggiungere 750 ml di latte ed alcune gocce di olio, secondo la prakruti del paziente, ed impiegarla per il trattamento. 

La colata con l’utilizzo delbuttermilk viene chiamata takradharā e la procedura è del tutto simile a quella dello śirodharā.

Indicazioni:
capelli prematuramente grigi o con altri problemi, forfora, psoriasi del cuoio cappelluto, mal di testa.

a) inserire 200/250 gr di polvere di āmalakī e altre erbe secondo conoscenza, in 1600 ml di acqua, far bollire fino a restringere della metà, filtrare. Aggiungere 750 ml di fresco buttermilk ed alcune gocce di sostanza aromatica in base alla prakruti ed usare ad una temperatura conveniente.
b) mettere un litro e mezzo di latte in sei litri d’acqua, inserire un sacchetto di stoffa contenente 100 grammi di radice di mustā e far bollire fino a ridurre la quantità complessiva ad un litro e mezzo. Dopo aver ben strizzato il sacchettino di mustā aggiungere 300/400 grammi di yogurt e farlo fermentare per una intera notte. Il giorno seguente preparare un decotto di āmalakī inserendo 200 grammi di prodotto in otto litri di acqua e farlo evaporare fino a ridurlo adun litro e mezzo, al termine unirlo al prodotto fermentato. Anche in questo caso, dopo aver ben mescolato, prima dell’utilizzo, intiepidire al punto giusto.

Per l’esecuzione di questa procedura viene fissato sulla testa del paziente un cappello di forma cilindrica, aperto sulla sommità e accuratamente sigillato ai bordi con una pasta di farina di ceci. Successivamente il copricapo, riempito di olio curativo, va mantenuto da 30 a 50 minuti secondo la necessità. Questo trattamento è indicato soprattutto per i disturbi nervosi, l’insonnia, la paralisi facciale, il mal di testa e persino per la forfora.

Occorrente:
un apposito cappello, una sedia comoda, una pentola ed una fonte di calore, olio curativo, un contenitore per trasferire l’olio dalla pentola al copricapo, del cotone per contenere ed assorbire le eventuali perdite d’olio, farina di ceci, cucchiai, garze, una spugna, gli stessi oli a scelta suggeriti per lo śirodharā.

Procedura:
chiedere al cliente di sedersi sulla sedia ed in primo luogo fissare con cura, con la pasta di farina di ceci, il cappello sulla sua testa. In alternativa per fissarlo si possono anche usare delle bende. Riscaldare l’olio controllando la temperatura con la mano, poi versarlo nel cappello assicurandosi che il liquido superi la sommità del capo di almeno tre dita. Di tanto in tanto rabboccare con olio caldo per mantenere una temperatura ideale e costante. Se dovessero esserci delle perdite contenerle con una spugna o, meglio ancora, con il cotone. Al termine assorbire l’olio con il cotone o con la spugna e rimuovere il cappello. Per concludere, pulire la testa con una salvietta ed eseguire un delicato massaggio sul cuoio cappelluto e sul collo.

N.B.: Un risultato migliore si otterrebbe rasando i capelli, in tal caso, potendo meglio sigillare, si eviterebbero ancheperdite e sgocciolamenti. Le persone, tuttavia, soprattutto in India dove si attribuisce ai capelli un valore estetico molto alto, non sono normalmente disposte a rasarsi, se non in casi gravi.

Pichu significa pezzo di stoffa, tovagliolo, cotone. Immergere una garza nell’olio medicato ed a scopo curativo metterlo sulla testa e bendare, questa è la procedura che viene chiamata śiropicu. Per il celebre medico ayurvedico Vāgbhaṭa, in qualche caso può essere migliore dello śirodharā.

Occorrente:
una sedia comoda, un tegame per scaldare l’olio, una garza o un pezzo di stoffa naturale, dell’olio medicato come brāhmi-taila, bhgrāja-taila oppure kṣīrabalā-taila ed una cuffia.

Procedura:
far accomodare il paziente comodamente sulla sedia, riscaldare l’olio, immergere la garza o il pezzo di stoffa, strizzarlo parzialmente ed appoggiarlo sulla sommità della testa (brahma-randhra), fissare con una benda la medicazione e, se il clima lo consente, suggerire di indossare una cuffia.

Indicazioni:
le stesse di tutti trattamenti alla testa.

È un tipo di cura a base di impiastro (lepana) da collocare sulla testa.

Una ricetta abbastanza diffusa è la seguente: in una pentola mettere due litri di latte e inserire il succo di due limoni poi riscaldare fino a farlo cagliare. Filtrare per ricavare solo la ricotta (panīr in hindi) e mescolare con polvere di aśvagandā. Prendere una garza, arrotolarla e legarla all’altezza della fronte intorno al capo, per contrastare un eventuale sgocciolamento. Distendere l’impiastro sulla testa come se fosse una cuffia e lasciarlo in posa per una ventina di minuti. Anzichè introdurre il limone si può far cagliare il latte mettendo due cucchiai da minestra di polvere di triphalā, in questo caso la ricotta è già pronta e medicata. Il composto, comunque, può essere costituito da differenti materiali ed erbe e viene predisposto in base alla tipologia di indisposizione del paziente. Le indicazioni sono le stesse di tutti i trattamenti alla testa.

È il massaggio alla testa. Come abbiamo già detto, essa, oltre ad essere un organo del corpo molto importante, è anche il centro del sistema nervoso. Lo śiroabhyaga, infatti, rafforza il sistema nervoso e aumenta il livello dell’energia vitale specialmente se eseguito al mattino. Aiuta nella pratica della meditazione, favorendo lo stato di rilassamento.

Principali indicazioni:

stato di stress, ansia, depressione, perdita di concentrazione, disturbi psicosomatici e psichici, insonnia, è ringiovanente, promuove la luminosità della pelle, aiuta nei problemi del cuoio cappelluto e contro la perdita dei capelli, la secchezza e la calvizie prematura. Le manovre sulla fronte aumentano la vista e la capacità di concentrazione. Gli oli più indicati sono: il brāhmi-taila, a base di Bacopa monnieri, il bhgrāja-taila con Eclita alba, kṣīrabalā-taila, un composto a base di latte e balā che promuove la trasformazione dei tessuti.

Procedura:
Ci sono diversi metodi, il più semplice consiste nel far sedere il paziente su una sedia comoda. Si inizia versando qualche goccia di olio sul brahma-randhra, e gradatamente lo si distribuisce a tutta la testa massaggiando con movimenti delicati. Si stira poi con attenzione la testa verso l’alto con le mani unite e si eseguono alcuni movimenti vibratori sul cuoio capelluto, usando le dita di entrambe le mani. Si termina nuovamente con movimenti delicati.

Qui di seguito vi propongo invece un mio metodo personale che si esegue sul lettino, con il paziente in posizione supina, dove si tratta anche il viso:

Il metodo comprende: il massaggio distensivo del collo, la trazione delle cervicali, il trattamento antistress al viso, i pañcabindu (digitopressione sui punti focali delle aree cerebrali), la stimolazione del cuoio capelluto, la torsione e trazione dei capelli. Normalmente si utilizza l’olio di cocco, di mandorle dolci, oppure l’olio di sesamo.
La prima manovra prevede che vengano visitate minuziosamente le vertebre cervicali, massaggiati i trapezi, al fine di ingenerare la necessaria condizione di rilassamento. Dopo aver verificato che la testa si trovi correttamente posizionata, si tira con entrambe le mani e con determinazione, mantenendo attiva la trazione per 15 anche 20 secondi. Sul finire di tale trazione, mentre con la mano sinistra si mantiene ancora la tensione attiva, con l’indice e il medio della mano destra si preme per 8-10 secondi tra le arcate sopraciliari. Ciò, secondo la tradizione, provoca un riavvicinamento più dolce delle parti stirate. Dopo la trazione alle cervicali viene minuziosamente esaminata la condizione delle ghiandole sotto le mascelle. Durante l’ispezione le dita si muovono lentamente soffermandosi e sviluppando movimenti circolari in coincidenza dei noduli. Questa manovra ed il massaggio ai masseteri sollecitano, tra l’altro, il rilassamento di tutta questa area spesso rigida in molti soggetti che addirittura mantengono le mascelle contratte anche durante il sonno.

Si indugia, nella manovra seguente, a manipolare sia la zona sotto l’orecchio, sia il padiglione auricolare entrando a stendere l’olio perfino nelle pieghe interne. Una o due gocce di olio vengono lasciate cadere nell’orifizio recando così beneficio ai tessuti interni e facilitando lo scioglimento e il distacco del cerume. D’altro canto anche nelle nostre tradizioni popolari si è sempre curato il mal d’orecchio con l’olio di oliva tiepido.

I tre movimenti che seguono consentono di ottenere la distensione dei muscoli facciali: il primo interessa il mento ed il labbro inferiore, il secondo il labbro superiore ed il terzo il naso. Queste manovre, che hanno una valenza anche estetica, sono della stessa natura: i pollici si muovono seguendo la medesima direzione, alternandosi cioè dal centro verso l’esterno.
Poi ci si occupa degli occhi con specifiche manipolazioni: delicatamente vengono inumidite sia le palpebre inferiori sia le superiori muovendo le dita dalla radice del naso verso l’esterno; si stimola l’arcata sopraciliare appoggiando in progressione ad una ad una le dita e lasciandole scivolare intorno al cavo orbitale, infine, mentre si avvolge con il palmo delle mani affettuosamente il viso, si appoggiano delicatamente i pollici sugli occhi per provocarne il rilassamento. Segue una stimolazione del centro delle sopracciglia (il terzo occhio) ottenuto con lo sfregamento dei pollici, dal basso verso l’alto, per risvegliare la consapevolezza e la capacità discriminativa. Si passa alla fronte. La fronte esprime fisicamente, in molti soggetti, le tensioni mentali che si traducono in contrazioni sviluppando, a lungo andare, le rughe. Il movimento più classico per indurre distensione e rilassamento è con le mani che si muovono sempre dal centro verso l’esterno.

Terminato il viso, si esegue una manovra che ha come obiettivo il rilassamento di una parte del cervello: il pollice destro preme al centro delle sopracciglia coadiuvato dal pollice sinistro che gli sta sopra e gli indici procedono a chiudere le temporali per provocare una diminuzione del flusso sanguigno verso l’alto. Questa manovra talvolta riesce ad eliminare i mal di testa conseguenti all’affaticamento. La pressione viene mantenuta con una certa forza per 30 secondi e poi allentata con attenta gradualità.

Si passa al cuoio capelluto. Mentre viene copiosamente inumidito d’olio, si attiva la circolazione del sangue sfregando con i polpastrelli delle dita. Il movimento è simile a quello che si usa quando ci si lava la testa. Si afferra, in seguito, una piccola ciocca e si torce fino ad ottenere un “insieme” compatto poi si tira stimolando i bulbi. Le varie ciocche trattate vengono raggruppate insieme e anch’esse tirate. Infine si procede ad eseguire lo stesso tipo di manovra con tutti i capelli. Dopo averli sciolti e distesi si inizia la serie di pressioni nei punti speciali considerati il fulcro delle rispettive aree cerebrali.
(A. Bianchi, 2010)

È un trattamento che consiste nell’introdurre nelle narici olio di sesamo o altri oli medicati, ghī puro o medicato, altre sostanze curative o nutritive come succhi freschi ricavati dalle sommità di piante, a volte fiorite, erbe in polvere, ecc., a seconda delle costituzione e delle condizioni di chi lo riceve. 

I doṣa alterati nel setto nasale, nella gola e nell’area della testa vengono eliminati attraverso il naso che è considerato la porta del cervello. Diverse patologie della regione superiore del corpo, dalle clavicole in su, come disturbi della memoria o della concentrazione, iperattività mentale, indisposizioni delle funzioni sensorie e motorie, possono essere osteggiate anche con l’aiuto di questa tecnica. Chiamata comunemente nasyā è considerata anche uno Śiro-virecana o tecnica purificante, oltre che tonica e pacificante.
Quando è ben somministrata, è una combinazione di massaggio facciale, bagno di vapore, gocce nasali e gargarismi medicati (gaṇḍūṣa/kavalagrāha) e, come tutte le procedure ayurvediche, si svolge in tre fasi: pūrvakarma(procedura pre-operatoria), pradhānakarma (procedura operatoria) e paścātkarma (procedura post operatoria).

Fase del pūrvakarma o pre trattamento:

in questa procedura, sono considerate operazioni preliminari: 1) il massaggio, che si può eseguire in posizione seduta e che include il trattamento dei punti vitali (marman), 2) il bagno di vapore, la posa di salviette calde o anche l’uso di una borsa dell’acqua calda per favorire la vaso-dilatazione.

Fase del pradhānakarma o trattamento principale:

si fa accomodare il paziente su un lettino da massaggio in posizione supina, con la testa leggermente inclinata all’indietro, poi si procede ad introdurre nel naso alcune gocce di preparato oppure il fumo di erbe selezionate.

Ultima fase, paścātkarma o post trattamento:

si esegue uno svedana delicato e si fa riposare il paziente per un paio di minuti, in seguito si propone di respirare con il naso un fumo o un vapore medicato, oppure di fumare una sigaretta di erbe mediche (dhūma/dhūmapānaṃ). In conclusione il medico consiglia di eseguire un gargarismo (gaṇḍūṣa/kavalagrāha), procedimento che può continuare a casa ed educa e sollecita il paziente a seguire una dieta graduale (saṃsarjanakrama). Dà, inoltre, suggerimenti relativi allo stile di vita prescrivendo, se necessario, anche alcune medicine.

Tipi di nasyā.

I principali sono cinque: nāvana-nasyā, avapīa-nasyā, dhmāpana/pradhamana-nasyā, dhūma-nasyā, marśa/pratimarśa-nasyā.

  1. Il nāvana-nasyā.

È un nasyā sia nutriente (sneana) sia purificante (śhodhana) che si esegue applicando ghī medicato o oli medicati.

Indicazioni:

le sue principali indicazioni sono: problemi di prāṇavāta (il vāta che alimenta il cervello e che è responsabile della connessione sensi/cervello), mal di testa o pesantezza alla testa, dolore alle orecchie, sinusite, diminuzione o perdita dell’olfatto, problemi generali al di sopra delle clavicole o spalle fredde, caduta dei capelli, rughe premature sul viso, ecc.

Occorrente:
un tavolo ayurvedico o un lettino da massaggio, una fonte di calore, tegami, cucchiai, salviette, cotone e dosatore per gocce, oli, ghī o altri medicamenti.

Procedura:
eseguire, innanzitutto, in posizione seduta o distesa, un massaggio al viso ed un trattamento ai marman per una quindicina di minuti, in seguito, utilizzando del vapore o delle salviette calde, effettuare uno svedana per 5/10 minuti. In posizione supina con la testa leggermente reclinata all’indietro, dopo aver scelto la sostanza appropriata, riempire il dosatore per goccee immettere da 6 a 8 gocce di olio o ghī in ogni narice. Fare una seconda volta uno svedana, con salviette calde o il palmo della mano, dopodichè chiedere al paziente di sputare i preparati che gli sono scesi nella gola evitando dunque di ingerirli, di rilassarsi qualche minuto ed effettuare in seguito dei gargarismi e fumare una sigaretta di erbe medicate.

I rimedi utili per questo tipo di trattamento sono l’olio di sesamo, l’olio di ricino, il ghī, l’olio ṣabindu il nirgui-taila, l’au-taila.

  1. Avapīa-nasyā.

Nell’avapīa-nasyā per fare il trattamento si usa un succo fresco o un decotto. Principalmente è una tecnica di purificazione (śhodhana) ma a volte viene usato in caso di svenimento o per bloccare un’emorragia.

Indicazioni:

è particolarmente indicato per le congestioni kapha nella testa, mal di testa generico, stati di rabbia o di coma, disturbi psicologici, perdite di sangue dal naso, sinusite, raffreddore.

Occorrente:

lettino da massaggio, fonte di calore, tegami, cucchiai, salviette, cotone, dosatore per gocce. succo fresco, decotto, latte, ecc.

Procedura:
è molto simile al nāvana-nasyā ma, al posto dell’olio, si usa introdurre nelle narici (da 6 a 8 gocce per narice) ad esempio, un succo ricavato da zenzero e latte (500 mg di zenzero + 5 ml di latte), formula che può essere anche arricchita aggiungendo 500 ml di jaggery (zucchero di canna grezzo sciolto). Un’altra ricetta prevede, invece, il succo fresco del basilico insieme al nirgui (Vitex negundo).

  1. Dhmāpana/pradhamana-nasyā:

Forse è più conosciuto come pradhamana-nasyā ed è a base di polveri che vengono soffiate nelle narici con una cannuccia. Anch’esso è un processo śhodhana, tuttavia poco utilizzato perché presenta controindicazioni ed effetti collaterali. Deve essere utilizzato solo in casi veramente utili e da persone esperte.

Indicazioni:

coma o perdita di coscienza, intensi disturbi psicologici, congestioni di kapha nella testa.

Occorrente:

lettino da massaggio o tipico tavolo ayurvedico in legno, fonte di calore, tegami, ciotole, ampolle, cucchiai, salviette, cotone idrofilo, pipetta dosa-gocce, erbe in polvere.

Procedura:
prendere una cannuccia (di quelle normalmente usate per le bevande fredde) ed immergerla per circa 5 centimetri nell’erba medica in polvere lavorata molto sottile, poi inserire la cannuccia dal lato opposto per circa 3 mm. nella narice del paziente, che sarà sdraiato in posizione supina con la testa reclinata all’indietro e, dopo averlo sollecitato ad inspirare con le narici, soffiare lentamente e delicatamente per introdurre la polvere nel naso. Per il resto la procedura, ma senza olio, è la stessa del nāvana-nasyā. Il dosaggio consigliato va da 250 a 500 mg per narice e normalmente si usa la polvere di pippala (Ficus religiosa).

Una modalità con minori controindicazioni poiché la polvere non entra direttamente nelle narici, consiste nel mettere, ad esempio, un cucchiaio di trikaṭu in un sacchettino di stoffa e chiedere alla persona di inspirare con il naso dal sacchetto.

  1. Dhūma-nasyā.

Èun tipo di nasyā sia purificante sia calmante e consiste nell’inalare attraverso le narici fumo proveniente dalla combustione di erbe mediche, tuttavia anche i classici fumenti occidentali, eseguiti in caso di raffreddore e tosse, possono essere considerati dei dhūma-nasyā.

Indicazioni:

questo trattamento è assai indicato per indisposizioni alla testa, al naso ed agli occhi, sinusite e raffreddore

Occorrente:
lettino da massaggio, vaporizzatore, salviette, telo da bagno.

Procedura:
si produce vapore medicato con l’ausilio di un vaporizzatore (ma potrebbe essere anche utilizzato un apparecchio come quello che si usa nella moderna cosmesi per il bagno di vapore al viso), si chiede al paziente di sedersi, coprire con il telo da bagno la sua testa ed il vaporizzatore, di inalare il vapore attraverso il naso e di espirare dalla bocca, per almeno tre volte. Le erbe più usate, in questa procedura sono: il basilico, le foglie di eucalipto; tuttavia, a volte, possono essere usati anche gli oli aromatici delle stesse piante.

In altri metodi di cura previsti nei testi ayurvedici, si usa un sigaro o una sigaretta di erbe mediche che viene introdotta in una narice ed inspirando attraverso la stessa (non attraverso la bocca come si fa quando si fuma), si inala il fumo medicato e si espira dalla bocca. Normalmente si ripete tre volte per narice.

  1. Marśa/pratimarśa-nasyā:

Questi tipi di nasyā sono anch’essi simili al nāvana-nasyā, in entrambi si usano, infatti, olio e ghī con dosaggio differente: nel marśa-nasyāa la dose va da 8 a 10 gocce, mentre nel pratimarśa-nasyā se ne usano solo due gocce. Quest’ultimo viene addirittura raccomandato nella routine quotidiana (dinacaryā) in quanto non ha controindicazioni né per l’età né per il periodo stagionale.

    • Tecniche di supporto:

gaṇḍūṣa (gargarismi) - kavalagrāha (risciacquo della bocca) e dhūmapānaṃ (fumare) sono considerate tecniche di supporto nel paścātkarma (in questo caso procedura post-operatoria del nasyā), tuttavia, sono trattamenti che possono essere utilizzati anche singolarmente al di fuori della procedura nasyā.

    • Dhūmapāna:

questa parola fa riferimento al fumo medicato di specifiche sigarette preparate con erbe āyurvediche (naturalmente senza tabacco!!!) Sono indicate per problemi respiratori, asma, tosse, raffreddore, mal di testa, singhiozzo, mal d’orecchi, raucedine, tensioni al collo, alito cattivo, eccessiva salivazione, capelli prematuramente grigi.

Procedura:
chiedere al paziente di accomodarsi su una comoda sedia e raccomandargli di fumare il sigaro di erbe con calma, prima per tre volte inalando ed espirando dalla bocca, poi, ancora per tre volte, inalando dal naso ed espirando dalla bocca. A volte (ma in genere non costituisce un grave problema) potrebbe manifestarsi una leggera lacrimazione. La tecnica può essere ripetuta più volte al giorno. Il celebre medico ayurvedico Caraka, autore della Carakasahitā, suggeriva di ripeterla otto volte al giorno: dopo il bagno, dopo i pasti, dopo il vomito, dopo lo starnuto, dopo aver lavato i denti, dopo il trattamento nasyā, dopoāñjana (uno speciale trattamento agli occhi) ed infine dopo aver dormito.

Erbe comunemente usate:

foglie di loto, legno di sandalo, cumino, cannella, cardamomo, guggulu (Commiphora mukul), liquirizia, curcuma, ecc.

Precauzioni:
se dhūmapānaṃ viene eseguito impropriamente, per lungo tempo o con dosi inadeguate, può causare serie indisposizioni come vertigini, sete, sordità, cecità, mutismo o emorragia.

sono trattamenti, a volte simultanei, per il cavo orale: gargarismi e risciacqui. Sono indicati per tonsilliti e problemi alla gola, rigidità al collo, mal di testa, mal d’orecchi, problemi agli occhi, alla lingua, ai denti, abbondante salivazione, sete eccessiva, alitosi, raucedine, indigestione, stomatiti, anoressia, sinusite cronica e dopo il nasyakarma.

Occorrente:

una sedia comoda, una ciotola con olio per il massaggio che deve essere effettuato come tecnica preoperatoria nella regione delle clavicole, liquidi caldi come latte, olio di sesamo,ghī, ecc., una bacinella, e acqua calda.

Alcune comuni erbe e formulazioni:

Vediamo comunque alcuni rimedi per specifici disturbi:

Il trattamento Karapūraa:

è impostato sull’introduzione di olio nelle orecchie. È utile per la sordità o problemi vāta alle orecchie, tinnito (acufeni), vertigini, prurito, rigidità al collo. Gli oli indicati sono: l’olio di sesamo, il nirgui-taila, l’olio bilva.

nonostante il nome ricordi i trattamenti del pañcakarma nei quali si somministrano olio, ghī o decotti attraverso il retto, queste procedure hanno modalità ed obbiettivi totalmente differenti. Qui di seguito ne presento quattro:

Dopo aver costruito un cratere di contenimento intorno agli occhi, con pasta di farina di ceci, si cola del ghī tiepido fino a ricoprirli.

Indicazioni:

la cura allevia alcuni disturbi come: glaucoma, congiuntivite, edema non infiammatorio alle palpebre, bruciore, prurito, dolore o altre indisposizioni agli occhi, secchezza, ulcera della cornea, danni alle orbite, cellulite orbitale, difficoltà a vedere di notte.

Occorrente:
farina di ceci per costruire il cratere (a volte si mescola con farina bianca), ghī puro o medicato come: triphalā-ghita o jīvanīyā-ghita, cotone idrofilo, salviette, tegamini, cucchiai, una fonte di calore.

Procedura:
far sdraiare il paziente in posizione supina e predisporre i crateri intorno agli occhi (gli occhi possono anche essere curati uno per volta). Intiepidire il ghī e colarlo nei crateri fino a ricoprirli; invitare poi il paziente ad aprire gli occhi e guidarlo nello svolgimento di alcuni esercizi come spostamenti laterali, verticali o circolari. Trascorso il tempo utile rimuovere il ghī, in seguito i crateri e pulire accuratamente con il cotone idrofilo e le salviette. La durata complessiva del trattamento può essere anche di 15/20 minuto per occhio.

N.B.: Si consiglia di evitare l’esposizione diretta ai raggi del sole o al vento immediatamente dopo il trattamento. Consultarsi con il medico curante nel caso in cui il paziente avesse subito operazioni delicate, soffrisse di cataratta o altri disturbi seri.

Tecnica ayurvedica (con cratere) di applicazione di olio sul ginocchio, contro i processi degenerativi dell’articolazione, il dolore o le difficoltà della motilità.

Occorrente:
pasta di farina di ceci o di grano, fonte di calore, cucchiai, tegami, olio di sesamo puro o olî medicati che pacificano vāta come: nārāyaa-taila, mahānārāyaa-taila, balā-taila, nirgui-taila.

Procedura:
massaggiare il ginocchio e applicare uno svedana locale (ī-sveda) o una borsa dell’acqua calda. Chiedere al paziente di sedersi sul lettino da massaggio con la gamba distesa, costruire il cratere con la pasta di farina intorno al ginocchio e riempirlo di olio medicato lasciandolo per 20/30 minuti. Al termine rimuovere l’olio ed il cratere e ripulire con cura.

N.B.: in presenza di artrite deformante o di processi degenerativi utilizzare olio di sesamo, o oli medicati come mahānārāyaa-taila, nārāyaa-taila, dhanvantari-taila, pancaguṇa-taila o altri oli che pacificano vāta. Al termine si consiglia sia di eseguire un massaggio leggero sia ī-sveda.

Quando, invece prevale la condizione di āmavāta o artrite reumatica meglio utilizzare gli olî: sahachara-taila, rāsnā-daśamūla-taila o vishgarbha-taila e non eseguire al termine il massaggio ma eventualmente un piṇḍa-sveda o un vālukā-piṇḍa-sveda.

È un trattamento che viene praticato nella zona lombo-sacrale in caso di dolore, difficoltà di movimento o degenerazione del tessuto osseo.

Occorrente:
impasto di farina di ceci e/o di grano, fonte di calore, cucchiai e tegami, olio di sesamo o olî medicati come mahānārāyaa-taila, nārāyaa-taila, balā-taila, nirgui-taila o altri olî che pacificano vāta ma si usa anche il “kheer-bala”, una sorta di budino di malva indiana.

Procedura:
massaggiare la parte bassa lombo-sacrale della schiena e somministrare uno svedana locale con ī-sveda o una borsa dell’acqua calda, far sdraiare il paziente in posizione prona, formare con l’impasto nella zona lombo-sacrale il cratere e riempire d’olio. Lasciare in posa per 20/30 minuti ed in seguito rimuovere l’olio, il cratere e pulire.

N.B.: in caso di lombalgia (sciatica) o processi degenerativi del tessuto osseo, sono indicati gli oli: mahānārāyaa-taila, nārāyaa-taila e pancaguṇa-taila, inoltre si consiglia di effettuare al termine un leggero massaggio, un ī-sveda o di applicare la borsa dell’acqua calda.

Questa procedura prevede la realizzazione del cratere nella regione del cuore con l’applicazione di olio caldo per problemi circolatori, presenza di lipidi o colesterolo nel sangue e gli stessi per cui nella medicina moderna si pratica l’angioplastica. Sia l’occorrente sia la procedura sono simili a quelli impiegati nel jānubasti.

È un’azione finalizzata a stendere e far aderire un composto o impiastro nel corpo per curare le scottature, le ferite, gli edemi, la mancanza di melanina nella pelle, i dolori, la paralisi facciale o paralisi in genere, la perdita dei capelli, l’alopecia, la calvizie, la forfora ma il lepana può anche essere usato per motivi estetici.

In base alla natura dell’impasto, se ne utilizzano tre tipi: pralepana, pradeha eālepana.

Pralepana: attuato con un sottile strato di impiastro che può essere o non essere assorbito e che genera un effetto rinfrescante e lenitivo sulla parte trattata.

Pradeha: fatto con un impiastro corposo, che non può essere assorbito e che riequilibra i doṣa in base alle erbe utilizzate.

Ālepana: realizzato con medio strato di impiastro.

Rimedi utili per il lepana: :
liquirizia (yaṣṭīmadhu), cannella, sesamo, legno di sandalo, śatavarī, riso, curcuma, foglie di loto, latte, ghī, olio, acqua di rose,daśāga-lepana, doaghna-lepana.

È un trattamento eseguito nel verso pratiloma (contropelo) con una pressione energica. Caraka lo ha chiamato parimārjana mentre Sushruta ha usato le parole udvartana e udgharaa (con sostanze secche) o utsādana (con un impasto di sostanze oleose). Serve in caso di alterazione soprattutto di vāta o kapha, cattivo odore della pelle o problemi cutanei, prurito, obesità, pesantezza e tendenza alla letargia.

Rimedi utili: farina di riso, farina di lenticchie, āmalakī in polvere, triphalā in polvere.

Volutamente ricordo, anche in questa sezione di interventi molto particolari, il trattamento a base di colate sul corpo di decotti medicati, latte, olio, ghī, siero o succo di canna da zucchero. Come abbiamo già visto, quando vengono usate sostanze oleose il trattamento viene considerato uno snehana, se le sostanze sono calde può avere la stessa funzione di uno svedana; quando viene eseguito su una sola parte del corpo viene chiamato ekāgadhārā, su tutto il corpo sarvāngadhārā, in dialetto pizzichil. Questa procedura multifunzionale reca tanti benefici.

È l’applicazione di impasti, di erbe o di oli medicati, all’interno o intorno all’ombelico. Serve a curare il singhiozzo, le coliche l’anoressia.

Occorrente:
latte o acqua calda, tegame, fonte di calore, assafetida, un cucchiaio da tè, una borsa dell’acqua calda, asciugamano e telo da bagno.

Procedura:
mettere l’assafetida in un tegame, aggiungere acqua o latte, riscaldare mescolando con il cucchiaio ed applicare dentro e intorno all’ombelico. Mantenere caldo, effettuando anche alcuni movimenti con la borsa dell’acqua calda. Rimuovere l’impasto dopo 10 minuti e ripulire con un asciugamano.

anche se potrebbe sembrare un po’ fuori tema rispetto agli argomenti trattati in questo capitolo, in chiusura desidero proporredue argomenti: il primo riguarda il ringiovanimento, la bellezza e la luminosità del viso con due ricette, il secondo (a seguire, il n°3), è una ricetta di un dolce ricostituente per la mente e per l’intelletto, un tonico del sistema nervoso e dell’apparato riproduttivo considerato anche antistress e antiossidante.

erbe in polvere come āmalakī, mañjiṭhā, curcuma, sandalo, coriandolo, liquirizia, nīm, basilico, ecc.; erbe fresche come petali di rosa, loto, nīm, frutta fresca; acqua, acqua di rose, cagliata, latte ecc.;una ciotola un po’ grande, un pennello, una salvietta e un telo da bagno.

Procedura:
mescolare tutti gli ingredienti nella ciotola, eseguire poi un bagno di vapore sul viso ed asciugare accuratamente con la salvietta. Applicare l’impacco sul viso con il pennello e lasciare essiccare per 10/30 minuti; in seguito rimuoverlo con acqua tiepida.

olio di cocco o di nīm (per pitta), latte (per vāta), miele (per kapha), 2 cucchiai di farina di ceci, ¼ di cucchiaio di polvere di sandalo, 10/15 gocce di acqua di rose.

Procedura:
amalgamare la farina di ceci, la polvere di sandalo e l’acqua di rose nella ciotola addizionando l’ingrediente adatto secondo la natura della pelle, poi stendere sul viso con un pennello o con le dita ed attendere che si asciughi; rimuovere quindi con abbondante acqua calda.

Indicazioni:
ottimo in generale per l’estetica del viso, la luminosità e la compattezza della pelle per ridurre l’acne o altri problemi della cute. .

Occorrente:
aśvagandā gr 40, musalī nero gr 20,sarasaparilla indiana (Hemidesmus indicus) gr 20, cumino (jīra) gr 20, zucchero di canna non raffinato (“jaggery”) gr 400, polpa di uva passa gr 40, ghī gr 60, miele gr 40, cardamomo gr 5.

Procedura:
sciogliere completamente il “jaggery”nell’acqua, poi toglierlo dal fuoco, colarlo e trasferirlo in un'altra pentola per proseguire la cottura fino a quando diviene colloso e fa “il filo”. In seguito, aggiungere il ghī e far cuocere ancora un poco amalgamando bene. Dopo che si è provveduto a mescolare gli altri ingredienti tutti assieme, unirli al cucinato etrasferirlo, lontano dal fuoco, in un altro contenitore unto con ghī. Quando si sarà raffreddato aggiungere il miele che, tra l’altro, favorirà la conservazione del prodotto.